Sono le imprese a perseguire il lucro, non gli enti pubblici. Essi però neanche devono sistematicamente chiudere i bilanci in rosso e generare perdite. Grazie ad una corretta gestione, dovrebbero terminare l'esercizio con i conti in pari, sia si tratti di una piccola amministrazione, sia si tratti di un grande comune, anche Roma o Milano.
Scelte scellerate nella PA, effettuate in buona, ma anche in malafede, portano a sempre più frequenti disastri economici, regolarmente ripianati con i soldi del cittadino tramite il sistema fiscale, integrato dai nuovi modi di far cassa: autovelox?
In termini generali, i casi più frequenti di danno alla finanza pubblica sono: le trattative private economicamente svantaggiose con violazione delle regole della concorrenza; l'omessa acquisizione di entrate; la progettazione di opere non realizzate; le opere iniziate e non ultimate o ultimate e non utilizzate; le mancate o ritardate iniziative di esproprio; i reati contro la Pubblica Amministrazione; il riconoscimento di debiti non dovuti; la costituzione di società pubbliche inutili, le cosiddette "scatole vuote", o la partecipazione a società pubbliche o miste. La materia è ben conosciuta e razionalizzata, nell'ambito giurisprudenziale, tanto che ad un profano, quale io sono, potrebbe sembrare esserci un corretto e bilanciato sistema di “chi sbaglia, paga”.
Ma io mi occupo di Pubblica Opinione, ovvero cerco di capire cosa viene inteso dalla gente, cioè la società, oltre gli scritti e le parole dette. Ebbene, l'89% degli italiani ritiene che ove un ente pubblico chiuda con i conti in rosso, esso debba fallire, proprio come un'azienda privata, e che, degli amministratori, vengano verificate le responsabilità. Questo significa, oltre gli scritti e le parole dette, che oggi, per la gente, questo non avviene. Rilevare percentuali così alte su un fenomeno sociale mette al riparo da qualsiasi tipo di errore statistico, ma è la somiglianza con dati concettualmente coerenti che garantisce la correttezza dell’interpretazione. In questo senso, riscontrare che per l’88% “sarebbe giusto che gli stipendi dei manager di stato fossero legati ai risultati che ottengono”.
Sono queste le vere falle del sistema italiano, condivise in pratica dalla totalità della popolazione, a cui la classe politica non vuole o non può rispondere, forse anche in qualche modo censurata dalla stessa funzione pubblica, che ha negli anni gonfiato e ipertutelato, quale bacino elettorale. Occorreranno una grande forza e un grande coraggio politico per ovviare a tutto ciò.
Arnaldo Ferrari Nasi
sociologo e analista politico
professore a contratto di analisi della pubblica opinione
membro della Società Italiana di Scienza Politica